8 Maggio 2013

SECONDA GIORNATA: RIGORE, PIACERE E SEMPLICITÀSECONDA GIORNATA: RIGORE, PIACERE E SEMPLICITÀ

di Luciana Squadrilli

 

La seconda giornata delle Strade della Mozzarella si è aperta con una sontuosa colazione presso l’Oleandri Resort, bell’albergo immerso nel verde a ridosso della pineta che porta alla spiaggia di Capaccio: latte fresco di bufala, mozzarella e ricotta da arricchire con mieli e confetture, dolci e crostate e il soffice pane di mozzarella dello chef Gaetano Iannone, e l’angolo del fritto – le deliziose graffe e gli “scaldatelli” cilentani, sottili strisce di pasta fritta a forma di otto – hanno dato il via alla seconda, intensa giornata della manifestazione. A parlare e “cucinare” la mozzarella si sono alternati nuovamente grandi chef da tutta Italia ma anche giovani cilentani. E momenti “ad alto tasso di piacere” si sono alternati con riflessioni serie e ragionate sulle materie prime – grandi protagoniste di questi giorni, dalla mozzarella ai pomodori, e oltre – e sul rapporto con chi le produce, le coltiva, le trasforma.

Proprio nei contadini siciliani, per esempio, Pino Cuttaia ha ritrovato il rigore dei grandi chef. Lui che ha lavorato e studiato al Nord, ha deciso di tornare in un angolo poco noto di Sicilia proprio per trovare la concentrazione ideale e i grandi prodotti per esprimere la sua cucina che parte dalle memorie dell’ infanzia e dai profumi di Sicilia. Grande artigiano della cucina, ha ricreato una “nuvola di caprese” soffice e intensa racchiusa dalla pellicola del latte fatto bollire, accompagnata da una panzanella di pane e pomodoro, pesto di basilico e spremuta di pomodoro datterino. Grande rigore anche per Andrea Berton, chef di origini friulane che, come dice Fiammetta Fadda, “parla poco ma fa molto”. Per lui è fondamentale partire dall’ingrediente giusto e di grande qualità per piatti che siano una gioia per il palato, ma anche digeribili. E forse non è un caso che il suo “cannellone” di mozzarella di bufala affumicata con crema alla bufala e prezzemolo e polvere croccante di amaranto e nero di seppia – inedita versione senza pasta – non contenga glutine.

«Il cuoco deve cercare di non stravolgere l’ingrediente – dice – ma solo di “migliorarlo” nella forma per dare degli stimoli a chi assaggia un piatto, una curiosità in più rispetto al prodotto naturale».
Riflessione condivisa in pieno da Salvatore Tassa, cuciniere di Acuto, che porta due ricette improvvisate il giorno prima della manifestazione: la sua è una cucina d’istinto, «fatta delle sfumature dei profumi, delle sensorialità coinvolte in un piatto». Il suo rigore sta nel rispetto del prodotto. Così nella sua “lasagna di mozzarella” lascia la fetta intatta (ma con grande attenzione al taglio, che «deve partire dal cuore») e la esalta con il concentrato di pomodoro bruciato, la salsa di mozzarella e mandorle al bergamotto e le erbe raccolte la mattina intorno al ristorante, poi un filo di extravergine.

Anche Heinz Beck – che al rigore tedesco unisce l’amore per i sapori mediterranei – non cambia forma alla mozzarella, che affettata sottile accompagna il carpaccio di ricciola con crema di peperoni su polvere di olive e neve di pomodoro.
Niko Romito, come suo solito, va dritto all’essenza dei sapori: nel suo piatto – il tortello ripieno di ricotta di bufala in acqua di bufala con pepe e cappero – sembra non esserci nulla ma l’assaggio lascia stupiti per la capacità di concentrare i sapori senza mostrarli, lasciando poi posto alla morbida cremosità della farcia e alla persistenza della laccatura nell’acqua di bufala appena addensata. Un grande gioco di equilibri raggiunto tentativo dopo tentativo, alla ricerca del gusto perfetto all’insegna del rigore e della piacevolezza. Una lezione che ora trasmette agli allievi della scuola di cucina di Casadonna.

Francesco Apreda, chef giramondo, porta invece in campo la contaminazione con le cucine esotiche, quella giapponese in particolare. Ma si tratta di una contaminazione giusta, ragionata: lui che è cresciuto a mozzarella – nato a Napoli da padre sorrentino, ha poi vissuto a Formia prima di iniziare a girare per le cucine del mondo – la rispetta pienamente ma vi abbina sapori inediti nella sua caprese liquida, tiepida affumicata: brodo di dashi, funghi shijtake e katsuobushi (filetto di tonno essiccato in fiocchi) ma anche basilico e acqua di pomodoro, che non coprono il sapore della mozzarella ma lo esaltano. E poi, largo ai giovani: Attilio Marrazzo e Vitantonio Lombardo sono nati in Cilento e portano nella testa e nel cuore il loro territorio. Il primo – che ha imparato la lezione del rigore e della gerarchia da Robuchon – propone piatti raffinati ed elaborati che parlano sempre un po’ italiano (come la “tavolozza” di pomodori di diverse varietà e colori con mozzarella cremosa e acqua di pomodoro) da Jean, a Parigi, mentre il secondo dopo esperienze all’estero ha deciso di tornare nella sua terra come chef-patron della Locanda Severino, ed esprime il suo legame con la terra mettendo la sua “caprese rivisitata” in un vasetto che replica la piantina di basilico.

Chiusura alla grande con Gennaro Esposito, che di questo territorio e dei suoi prodotti è uno degli interpreti e dei testimonial più geniali e appassionati, ma con un approccio laico e ragionato che unisce mente e gola. «Dobbiamo studiare intorno ai prodotti , non possiamo continuare a vivere di rendita sulla loro bontà» dice lo chef. E spiazza tutti proponendo un piatto a base di medusa, una provocazione (ma non poi troppo, viene mangiata in molte cucine orientali) per riflettere sulla necessità di non sfruttare troppo le riserve ittiche sempre più a rischio mangiando e comprando solo pesce pregiato, e con una singolare “verticale” di salsa di pomodoro (San Marzano pelati in scatola passati al mulinello) nei calici da vino, perchè bisogna imparare ad analizzare i nostri grandi prodotti e a coglierne le sfumature proprio come si fa con i grandi vini.

Ma alla fine gratifica il lato più goloso di tutti con un fantastico piatto di spaghetti al pomodoro. La semplicità vince, quando dietro ci sono studio e qualità.
Ma alle Strade della Mozzarella si beve, anche: dopo la Water Experience del pomeriggio per conoscere meglio l’acqua minerale che si porta in tavola, la sera il laboratorio guidato da Paolo Mazzola e Maria Sarnataro va alla ricerca dell’abbinamento migliore tra mozzarella di bufala e le grandi birre artigianali italiane.

Francesco Apreda, caprese liquida, tiepida affumicata
Francesco Apreda, caprese liquida, tiepida affumicata
Heinz Beck, carpaccio di ricciola e bufala
Heinz Beck, carpaccio di ricciola e bufala
Andrea Berton, cannellone di bufala con amaranto croccante
Andrea Berton, cannellone di bufala con amaranto croccante
Pino Cuttaia, nuvole di caprese
Pino Cuttaia, nuvole di caprese
Gennaro Esposito, spaghetti al pomodoro
Vitantonio Lombardo, caprese in vasetto
Vitantonio Lombardo, caprese in vasetto
Attilio Marrazzo, pomodori e mozzarella
Attilio Marrazzo, pomodori e mozzarella
Niko Romito, tortelli di bufala
Niko Romito, tortelli di bufala
Salvatore Tassa, lasagna di mozzarella
Salvatore Tassa, lasagna di mozzarella

La seconda giornata delle Strade della Mozzarella si è aperta con una sontuosa colazione presso l’Oleandri Resort, bell’albergo immerso nel verde a ridosso della pineta che porta alla spiaggia di Capaccio: latte fresco di bufala, mozzarella e ricotta da arricchire con mieli e confetture, dolci e crostate e il soffice pane di mozzarella dello chef Gaetano Iannone, e l’angolo del fritto – le deliziose graffe e gli “scaldatelli” cilentani, sottili strisce di pasta fritta a forma di otto – hanno dato il via alla seconda, intensa giornata della manifestazione. A parlare e “cucinare” la mozzarella si sono alternati nuovamente grandi chef da tutta Italia ma anche giovani cilentani. E momenti “ad alto tasso di piacere” si sono alternati con riflessioni serie e ragionate sulle materie prime – grandi protagoniste di questi giorni, dalla mozzarella ai pomodori, e oltre – e sul rapporto con chi le produce, le coltiva, le trasforma.



Proprio nei contadini siciliani, per esempio, Pino Cuttaia ha ritrovato il rigore dei grandi chef. Lui che ha lavorato e studiato al Nord, ha deciso di tornare in un angolo poco noto di Sicilia proprio per trovare la concentrazione ideale e i grandi prodotti per esprimere la sua cucina che parte dalle memorie dell’ infanzia e dai profumi di Sicilia. Grande artigiano della cucina, ha ricreato una “nuvola di caprese” soffice e intensa racchiusa dalla pellicola del latte fatto bollire, accompagnata da una panzanella di pane e pomodoro, pesto di basilico e spremuta di pomodoro datterino. Grande rigore anche per Andrea Berton, chef di origini friulane che, come dice Fiammetta Fadda, “parla poco ma fa molto”. Per lui è fondamentale partire dall’ingrediente giusto e di grande qualità per piatti che siano una gioia per il palato, ma anche digeribili. E forse non è un caso che il suo “cannellone” di mozzarella di bufala affumicata con crema alla bufala e prezzemolo e polvere croccante di amaranto e nero di seppia – inedita versione senza pasta – non contenga glutine.



«Il cuoco deve cercare di non stravolgere l’ingrediente – dice – ma solo di “migliorarlo” nella forma per dare degli stimoli a chi assaggia un piatto, una curiosità in più rispetto al prodotto naturale».
Riflessione condivisa in pieno da Salvatore Tassa, cuciniere di Acuto, che porta due ricette improvvisate il giorno prima della manifestazione: la sua è una cucina d’istinto, «fatta delle sfumature dei profumi, delle sensorialità coinvolte in un piatto». Il suo rigore sta nel rispetto del prodotto. Così nella sua “lasagna di mozzarella” lascia la fetta intatta (ma con grande attenzione al taglio, che «deve partire dal cuore») e la esalta con il concentrato di pomodoro bruciato, la salsa di mozzarella e mandorle al bergamotto e le erbe raccolte la mattina intorno al ristorante, poi un filo di extravergine.



Anche Heinz Beck – che al rigore tedesco unisce l’amore per i sapori mediterranei – non cambia forma alla mozzarella, che affettata sottile accompagna il carpaccio di ricciola con crema di peperoni su polvere di olive e neve di pomodoro.
Niko Romito, come suo solito, va dritto all’essenza dei sapori: nel suo piatto – il tortello ripieno di ricotta di bufala in acqua di bufala con pepe e cappero – sembra non esserci nulla ma l’assaggio lascia stupiti per la capacità di concentrare i sapori senza mostrarli, lasciando poi posto alla morbida cremosità della farcia e alla persistenza della laccatura nell’acqua di bufala appena addensata. Un grande gioco di equilibri raggiunto tentativo dopo tentativo, alla ricerca del gusto perfetto all’insegna del rigore e della piacevolezza. Una lezione che ora trasmette agli allievi della scuola di cucina di Casadonna.



Francesco Apreda, chef giramondo, porta invece in campo la contaminazione con le cucine esotiche, quella giapponese in particolare. Ma si tratta di una contaminazione giusta, ragionata: lui che è cresciuto a mozzarella – nato a Napoli da padre sorrentino, ha poi vissuto a Formia prima di iniziare a girare per le cucine del mondo – la rispetta pienamente ma vi abbina sapori inediti nella sua caprese liquida, tiepida affumicata: brodo di dashi, funghi shijtake e katsuobushi (filetto di tonno essiccato in fiocchi) ma anche basilico e acqua di pomodoro, che non coprono il sapore della mozzarella ma lo esaltano. E poi, largo ai giovani: Attilio Marrazzo e Vitantonio Lombardo sono nati in Cilento e portano nella testa e nel cuore il loro territorio. Il primo – che ha imparato la lezione del rigore e della gerarchia da Robuchon – propone piatti raffinati ed elaborati che parlano sempre un po’ italiano (come la “tavolozza” di pomodori di diverse varietà e colori con mozzarella cremosa e acqua di pomodoro) da Jean, a Parigi, mentre il secondo dopo esperienze all’estero ha deciso di tornare nella sua terra come chef-patron della Locanda Severino, ed esprime il suo legame con la terra mettendo la sua “caprese rivisitata” in un vasetto che replica la piantina di basilico.



Chiusura alla grande con Gennaro Esposito, che di questo territorio e dei suoi prodotti è uno degli interpreti e dei testimonial più geniali e appassionati, ma con un approccio laico e ragionato che unisce mente e gola. «Dobbiamo studiare intorno ai prodotti , non possiamo continuare a vivere di rendita sulla loro bontà» dice lo chef. E spiazza tutti proponendo un piatto a base di medusa, una provocazione (ma non poi troppo, viene mangiata in molte cucine orientali) per riflettere sulla necessità di non sfruttare troppo le riserve ittiche sempre più a rischio mangiando e comprando solo pesce pregiato, e con una singolare “verticale” di salsa di pomodoro (San Marzano pelati in scatola passati al mulinello) nei calici da vino, perchè bisogna imparare ad analizzare i nostri grandi prodotti e a coglierne le sfumature proprio come si fa con i grandi vini.



Ma alla fine gratifica il lato più goloso di tutti con un fantastico piatto di spaghetti al pomodoro. La semplicità vince, quando dietro ci sono studio e qualità.
Ma alle Strade della Mozzarella si beve, anche: dopo la Water Experience del pomeriggio per conoscere meglio l’acqua minerale che si porta in tavola, la sera il laboratorio guidato da Paolo Mazzola e Maria Sarnataro va alla ricerca dell’abbinamento migliore tra mozzarella di bufala e le grandi birre artigianali italiane.


Francesco Apreda, caprese liquida, tiepida affumicata
Francesco Apreda, caprese liquida, tiepida affumicata





Heinz Beck, carpaccio di ricciola e bufala
Heinz Beck, carpaccio di ricciola e bufala





Andrea Berton, cannellone di bufala con amaranto croccante
Andrea Berton, cannellone di bufala con amaranto croccante





Pino Cuttaia, nuvole di caprese
Pino Cuttaia, nuvole di caprese





Gennaro Esposito, spaghetti al pomodoro









Vitantonio Lombardo, caprese in vasetto
Vitantonio Lombardo, caprese in vasetto





Attilio Marrazzo, pomodori e mozzarella
Attilio Marrazzo, pomodori e mozzarella





Niko Romito, tortelli di bufala
Niko Romito, tortelli di bufala





Salvatore Tassa, lasagna di mozzarella
Salvatore Tassa, lasagna di mozzarella

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